C'era una volta la piscina Tartana. Meta di molti ragazzi nel periodo estivo. Loc. Pieve al Toppo. Pochi Km da Arezzo, direzione Foiano, Monte S.Savino o Siena. C'era anche la Discoteca, sia d'inverno che d'estate. C'erano i bar all'aperto. I biliardini, altalene e giochini vari. C'era e c'è ancora un boschetto di querce. C'erano i ragazzi dei campi estivi, là parcheggiati dalla mattina alla sera. A bighellonare. C'erano gli adolescenti, con i gavettoni e i primi baci. Le mamme intorno alla piscina dei bimbi. La musica dagli altoparlanti. La quiete surreale del primo pomeriggio, quando tutto sembra rallentare sotto il peso della digestione e della verticale solare. La siesta mi permetteva di osservare con più accuratezza quel Parco Giochi, lontano dalla frenesia di chi infrasettimanale doveva restare al lavoro. Infondo non mi divertivo, dovevo stare li, ma avrei voluto essere altrove. Forse a fare qualcosa, non importa cosa, intorno a casa. Tornai altre volte, non troppe, nell'età dei primi muscoli per i maschi, e le forme per le femmine. I primi fissi al trampolino alto, e il mollone basso. Chi di testa, i più di piedi, oppure la "bomba". Loro le citte (femmine in aretino), si facevano stropicciare, buttare in acqua, guardare, assolare. La concorrenza tanta, scelta poca per chi voleva essere esigente. Il Tartana è chiuso dall'estate 2005, e la natura sembra già essersi ripresa le sembianze. Vi nascerà un centro residenziale. 21 unità abitative. In una delle mie ultime estati al Tartana, vi persi il crocifisso d'oro della comunione, con tanto di nome e data nel retro. Forse è sempre li, come tutte le immagini che si affollano, quando come un cane randagio vi entro da una fessura nella rete, e osservo tanta fatiscenza, affascinante e malinconica. Le vasche sono vuote, brandelli di sdraio nei posti più impensabili. Il tetto della discoteca smaltito perché in Eternit, mostra il reticolato delle capriate metalliche. Geometrie '70, dai muretti a buccia d'arancia. Finestre oblò, séparé quadrettati. S'intravedono palme accanto a pini e buganvillee. Francesco
Oro zecchino
di Francesco Tavnti
Moscato, Vinsanto, caramelle Rossana. Foto varie di famiglia. Album. Serviti di piatti, bicchieri e posate. Nei cassetti tovaglie e tovaglioli. Gondole che cambiano colore al variare della temperatura, bomboniere di ceramica e silver, ninnoli vari. Provenienza matrimonio, sacramenti, gite parrocchiali. Un carillon che suonava la domenica pomeriggio all’arrivo dei parenti. Una stanza buia e fredda. Mia nonna apriva gli scuri delle imposte e faceva ruotare la manopola dei termosifoni. Dietro entravo anch’io in quel mondo immobile di circostanza. Doveva essere così, surrealmente ordinato, formalmente freddo, pronto per mostrare il lato migliore della casa. Scevro dalla quotidianità. Approdo e permanenza, mentre si aggiornavano convenevolmente dei parenti non convenuti.
10/03/12 | 0 commenti
Hallelujah. Jeff Buckley
di Lolo
Gennaio 1977, mio quinto compleanno e pochi giorni dopo sarebbe nato mio fratello. La nonna Silvia decise di iniziare a regalarci per ogni compleanno, oltre all'oggetto che ci piaceva, anche un buono fruttifero delle Poste. Questa tradizione è andata avanti fino a quando non ci ha lasciato. Ero ancora molto giovane quando è successo.
06/02/12 | 2 commenti
Ronda Ghibellina 2012
di Francesco Tavanti
Un’insenatura nelle rocce appenniniche, una lingua del mare bucolico ci spinge come granchi sugli scogli, mentre l’irta risacca ci rallenta fino a farci camminare. Vista dall’alto la Val di Chio, si presenta come un’estroflessione, nel lato orientale, della Val di Chiana. Un’isola incantata, dove il tempo sembra essersi fermato, a memoria d’uomo, al dopoguerra, dopo, al medioevo. La valle è stata presidiata già dagli anni ’70 da tedeschi e inglesi, pionieri ed ispiratori degli agriturismo di cui il territorio fa molta offerta. Si può ancora oggi entrare in botteghine rimaste come una volta, dove alimentari e bar si fondono, dove cassette di frutta e verdura appoggiano sulla graniglia bianca e nera di bassa fattura. Dove c’è un po’ di tutto, dove d’estate è facile imbattersi in vecchietti che giocano a carte con un gotto di vino rosso, sotto la pergola.
30/01/12 | 0 commenti
Prince of Persia
...si dice vi siano vite unite fra loro nel tempo, legate da un'antica chiamata, che riecheggia nelle Ere. Il destino...
21/01/12 | 0 commenti
Agli americani il Tacchino a noi il Cappone
da Wikipedia
Il cappone è un gallo che è stato castrato per raggiungere maggiore peso e morbidezza della carne. Costituisce uno dei più classici piatti del periodo natalizio.
La castrazione dei galli era praticata fin dai tempi della Grecia antica per far fronte alle difficoltà pratiche di tenere più galli in uno stesso pollaio. Inoltre c'era il vantaggio che la carne del gallo diventa dura e meno saporita col tempo, mentre quella dei capponi si mantiene tenera e prelibata. Nell'Antica Roma vi era poi una legge che proibiva di allevare le galline dentro casa, perciò l'allevamento dei capponi consentiva di aggirare abilmente questo divieto
Nei secoli successivi il cappone cessò di essere un "ripiego" per diventare sempre di più una forma di regalo prestigioso che, data la sua prelibatezza, veniva offerto dalle persone umili a quelle di rango per averne favori e protezione (celebre nei Promessi Sposi l'episodio in cui Renzo Tramaglino si presenta dall'avvocato di grido Azzeccagarbugli con in dono 4 capponi vivi).
Il nome Cappone viene proprio dal verbo greco "kopto" col significato di "tagliare", a causa della castrazione ai danni dell'animale per la sua preparazione.
Secondo la normativa dell'Unione europea il cappone deve essere allevato per almeno 140 giorni e castrato 70 giorni prima della vendita, nonché nutrito con almeno il 75% di cereali fino ad un mese prima della sua macellazione (a quel punto viene nutrito con prodotti lattieri). È anche chiuso nell'oscurità ed al riparo delle intemperie. Ciò permette all'animale di finire il suo sviluppo senza alcuno sforzo; il cappone non sviluppa uno strato di grasso ma la cosiddetta "pelle d'oca", che lo renderà più tenero e morbido.
Solitamente viene lessato, e il grasso che affiora durante la cottura è riutilizzato per preparare un brodo.
25/12/11 | 0 commenti
Il Ceppo di Natale
di Francesco Tavanti
Tra le viarie usanze della cultura contadina, c'era quella del Ceppo natalizio. La sera della vigilia tutta la Famiglia si riuniva intorno al focolare (quelli enormi) dove era stato posto a bruciare un Ceppo d'olivo, di quercia o di leccio. Il Ceppo è un pedone (parte inferiore del tronco) di una pianta grande, conservato durante l'anno per l'occasine. Le dimensioni erano importanti perché oltre a rappresentare la straordinarietà del momento dovevano garantire il fuoco fino al capodanno. Infatti l'abbruciatura del ceppo rappresentava anche la fine del vecchio anno e nel modo in cui si consumava si cercava di scorgere segni premonitori di quello nuovo. Ad un certo punto della serata i bambini si riunivano a mezzo cerchio difronte al fuoco e con un bastone iniziavano a battere il Ceppo mentre i grandi, dietro, gettavano dolcetti. Erano i doni del Ceppo, ecco perché ancora oggi qualcuno ti chiede "cosa ti ha portato il Ceppo?".
"For God's sake look after our people. R. Scott"
« Fossimo sopravvissuti, avrei avuto una storia da raccontarvi sull'ardimento, la resistenza ed il coraggio dei miei compagni che avrebbe commosso il cuore di ogni britannico. »
Robert Falcon Scott
100 anni fa il norvegese Roald Amundsen, conquistava l’estremo meridione del pianeta. Tale impresa è ricordata anche per un altro episodio, drammatico. Infatti oltre questa spedizione, a competere alla prestigiosa meta partecipò l’esploratore inglese Robert Falcon Scott. Con i suoi compagni raggiunse il Polo tra il 17 e il 18 gennaio, in un’evidente condizione di sconfitta e frustrazione. Nel viaggio di ritorno persero tutti la vita sfiniti e assiderati, a sole 11 miglia dal campo base allestito per loro.
Il fallimento dell’impresa è attribuito ad un equipaggiamento ed una preparazione non all’altezza della sfida. Francesco Tavanti
14/12/11 | 0 commenti
La battitura del grano
di Francesco Tavanti
Quella superficie piatta ed infinita, si estende nell’entroterra fino a perdersi nelle colline coperte di olivi e lecci. Mi è dolce lasciarmela alle spalle, quando da Grosseto si va verso Siena. Mi ricorda la campagna di Bésiers, e quella propaggine del mare prima di perdersi nelle vecchie colline. C’è anche la luna rosseggiante, che come una lampada d’arredo, sta appesa la di fronte.
Il caldo notturno di metà luglio, fa si che stando fuori a frascheggiare, sembri di essere all’interno di un’abitazione, tanto il tepore assomiglia a quello che si trova nelle case d’inverno. E’ facile perdersi all’imbrunire, nascondersi in una notte che non ti copre mai abbastanza, per poi riapparire all’alba, dopo poche ore. Ogni piccolo paese è in festa, la stessa che si faceva allora dopo la battitura del grano. Nell’aia si imbandivano lunghe tavolate, d’ogni ben d’Iddio. Tipico era mangiare l’Oca, Ocio in aretino. Le tagliatelle venivano condite con il suo sugo, e poi teglie appena tolte dai forni a legna, si posizionavano a distanze regolari. La fisarmonica accompagnava balli e canti, illuminati dalle lanterne e dalla luna.
16/07/11 | 0 commenti
Siamo pronti alla 4a Rivoluzione Industriale?
da Wikipedia
Per rivoluzione industriale si intende un processo di evoluzione economica che da un sistema agricolo-artigianale-commerciale porta ad un sistema industriale moderno caratterizzato dall'uso generalizzato di macchine azionate da energia meccanica e dall'utilizzo di nuove fonti energetiche inanimate (come ad esempio i combustibili fossili). Spesso si distingue fra prima e seconda rivoluzione industriale. La prima riguarda prevalentemente il settore tessile-metallurgico e comporta l'introduzione della spoletta volante e della macchina a vapore; il suo arco cronologico è solitamente compreso tra il 1760-1780 ed il 1830. La seconda rivoluzione industriale viene fatta convenzionalmente partire dal 1870-1880, con l'introduzione dell'elettricità, dei prodotti chimici e del petrolio.
26/04/11 | 0 commenti
Valdazze
da Wikipedia
Valdazze è una località nel comune di Pieve Santo Stefano (Arezzo), sorta nel 1964 per opera del Cav. Silvio Giorgetti, che voleva farne una importante località turistica, detta "Il villaggio del cantante".
In pochi anni, nell'area precedentemente disabitata, vennero costruiti la chiesa, un grande condominio, un ristorante-albergo, attrezzature sportive, negozi ed una serie di villette. Il terreno venne offerto ai cantanti Gianni Meccia, Jimmy Fontana, Bobby Solo e Checco Marsella de i Giganti, con l'obbligo di costruzione entro due anni. La stipula avvenne nello studio del notaio Ghi di Roma e l'inaugurazione ufficiale del "Villaggio del cantante" avrebbe dovuto esser trasmessa da Pippo Baudo sulla Rai, ma non se ne fece mai niente.
11/04/11 | 0 commenti
Rosso e Blu
di Francesco Tavanti
Questa volta siamo andati a Bagno Vignoni. Molti lo conoscono come borgo medioevale nato e sviluppatosi, intorno ad una sorgente termale, che forma anche la piazza centrale (piazza delle Sorgenti). Attraverso delle condutture l’acqua veniva utilizzata per muovere una serie di mulini, per poi raccogliersi di nuovo in fondo alla valle calcarea.
Si arriva direttamente dalla val d’Orcia. Si parcheggia l’auto e si entra nel borgo di bianco e poroso travertino. Tra tutti i borghi della zona, è l’unico che mi ha sempre ricordato i paesi della Provence.
Si imbocca via dei Mulini, si sfiora la sopracitata piazza per arrivare in piazza del Moretto. Qui numerosi ristorantini aprono sedie e tavoli metallici, all’ombra di pergole tutrici di Glicini. Trattoria La Parata, La Bottega di…Cacio, Osteria del Leone, Locanda del Loggiato e ancora Osteria della Madonna e Il Loggiato. Sono le prime ore del pomeriggio e molti si sono appena seduti per il pranzo.
10/04/11 | 0 commenti
A mano a mano
di Rino Gaetano
A mano a mano ti accorgi che il vento
Ti soffia sul viso e ti ruba un sorriso
La bella stagione che sta per finire
Ti soffia sul cuore e ti ruba l'amore
A mano a mano si scioglie nel pianto
Quel dolce ricordo sbiadito dal tempo
Di quando vivevi con me in una stanza
Non c'erano soldi ma tanta speranza
19/02/11 | 0 commenti
Autogrill
da Wikipedia
Si deve agli architetti Angelo Bianchetti, Melchiorre Bega e Carlo Casati la progettazione e creazione degli Autogrill a ponte che si incontrano lungo le autostrade italiane: il primo lavorava per la Pavesi, il secondo per la Motta, il terzo coordinava invece il progetto per la Società Autostrade per l'impatto della struttura a ponte dal punto di vista paesaggistico.
di Francesco Tavanti
Solo i grandi entravano per un caffè, noi rimanevamo in auto oppure si scendeva per andare in bagno. A pranzo ci fermavamo o nell’area attrezzata per il pic nic, oppure entravamo. Io prediligevo quelli a ponte, sopra l’autostrada dove mentre mangiavi, potevi guardare le macchine che sfrecciavano sotto i tuoi piedi. L’Autogrill era tipo, l’aeroporto o la stazione. Un luogo di passaggio e di incontro tra tante persone in viaggio per le vacanze. Ti accorgevi subito chi andava e chi tornava, i primi ancora compressi dalla città, i secondi discinti e libertini.
13/02/11 | 0 commenti
1000 mt
di Francesco Tavanti
Attenti! Bang! Ogni qual volta che salgo sopra al Tartan, e mi appresto ad iniziare un allenamento, mi sento come un purosangue dentro le gabbie di partenza. Si parte in gruppo, cerco la posizione a me più congeniale, la corda se corro in difesa, l’esterno se mi sento particolarmente bene. Sono passati molti anni, più di quelli che avevo allora, quando diciassettenne correvo i due giri e mezzo agli studenteschi, eppure ogni volta che entro in pista il tutto si resetta come in quei tempi.
Come un equilibrista il corpo cerca il suo bilanciamento. Le spalle ben aperte si spingono in avanti alla ricerca del punto di rottura, dove allineate con i piedi alati mi mantengono eretto. Le dita come penne “Remigranti Primarie”, si allargano al contatto del suolo per poi stringersi in un’azione propulsiva nello stacco. Tocca terra solo l’avampiede, il resto è un meccanismo di leve. Le braccia raccolte verso l’alto, si muovono sincrone ed alterne alle gambe, per mezzo dei muscoli addominali ortogonali. Le mani rimangono semiaperte.
11/02/11 | 0 commenti
Regali di natale
di Francesco Tavanti
L’eccitazione con cui andavo a letto la notte di natale, e la magia con cui mi svegliavo. Uscivo di camera e lentamente mi avvicinavo alle scale. Era un misto di paura, curiosità e desiderio. Sentivo che intorno all’albero, che con tanta cura avevo addobbato nei giorni precedenti, si era consumato un incantesimo, i cui raggi arrivavano fino alla mia camera. Volevo godermi quel momento più a lungo possibile, quell’avvicinamento dove era atterrato babbo natale, con i suoi sperati doni. Nulla sarebbe stato più come il giorno prima, e la realtà avrebbe sostituito l'attesa.
Cercavo di sbirciare ancor prima di scendere al piano inferiore, ma una palla aurea mi spingeva indietro. Poi salito a cavallo della balaustra, chiudevo gli occhi e come un missile mi lasciavo cadere dentro la bolla, che al mio arrivo sarebbe esplosa.
17/12/10 | 0 commenti
Verso Graissessac
di Francesco Tavanti
Dancing Queen, Knowing Me Knowing You, Take A Chance On Me e ancora Super Trouper. Ma era con The Winner Takes It All (non conoscevo al tempo le parole), che sfrecciavamo silenziosi nella mattinata lucente. Lontano da casa, sempre più lontano. Ancora oggi mi vedo, assorto dietro il vetro oscurato dai riflessi della luce, mentre la mente viaggia per le sue strade.
10/10/10 | 0 commenti
Il lanificio di Soci
Tra la fine del ‘600 e la metà del ‘700 due famiglie (Grifagni e Franceschini) monopolizzarono l’attività laniera di Soci divenendo i più importanti lanaioli del Casentino: i Monaci Camaldolesi avevano concesso loro ambedue le gualchiere operanti in paese e per alcuni decenni panni fini, mezzilani, stametti e rascette vennero prodotti in buona quantità. Nella seconda metà del Settecento non vi furono, a Soci, importanti lanaioli e solo all’inizio dell’800 l’attività prese vigore grazie a Pietro Ricci , già a capo d’un lanificio nella vicina Stia: il primo a ciclo completo sorto in Casentino.
13/12/09 | 0 commenti
Un castello per ogni contadino
di Francesco Tavanti
Quando Pietro Leopoldo nella metà del diciottesimo secolo fece un censimento per capire in quali condizioni versavano i ceti agricoli del Granducato, si accorse che la situazione igienico sanitaria era estremamente precaria e che i contadini vivevano alla stregua di animali.
30/11/09 | 0 commenti