L'invidia



L'invidia è un sentimento nei confronti di un'altra persona o gruppo di persone che possiedono qualcosa (concretamente o metaforicamente) che l'invidioso non possiede (o che gli manca). Essa si caratterizza come desiderio ambivalente: di possedere ciò che gli altri possiedono, oppure che gli altri perdano quello che possiedono. L'enfasi è, quindi, sul confronto della propria situazione con quella delle persone invidiate, e non sul valore intrinseco dell'oggetto posseduto da tali persone.
Si può considerare l'invidia come il peccato "opposto" alla superbia: mentre la superbia consiste in un'eccessiva considerazione di sé, l'invidia è caratterizzata da una bassa autostima e da una concezione esagerata degli ostacoli e delle difficoltà. Spesso, infatti, il soggetto invidioso possiede delle buone qualità che possono anche essere riconosciute, ma non le considera sufficienti e si ritiene un incapace.
L'invidia può avere radici molto profonde nella personalità di un soggetto. Può essere stata causata da una mancanza di affetto in passato, da un'eccessiva competitività o da dei desideri che sono stati frustrati. Essendo le cause così rilevanti, spesso è difficile per un soggetto riuscire a risolvere il proprio problema.
Alla base dell'invidia c'è, generalmente, la disistima e l'incapacità di vedere le cose e gli altri prescindendo da sé stessi: in questo senso, si può affermare che l'invidioso è generalmente frustrato, ossessivo, manipolatore, con pochi scrupoli e talvolta ipocrita.
L'invidioso assume spesso atteggiamenti e comportamenti ben precisi e, quindi, riconoscibili. Tra i più tipici comportamenti dell'invidioso c'è il disprezzo dell'oggetto invidiato ("questa cosa, che io non ho, non vorrei comunque averla perché non mi piace"); una celebre e proverbiale rappresentazione di questo atteggiamento è la favola di Esopo La volpe e l'uva.
L'invidioso può rivolgere la propria invidia non solo verso oggetti materiali, ma anche verso presunte doti possedute dall'invidiato: per esempio, una particolare avvenenza, intelligenza o capacità, uno spiccato fascino; in tali casi, l'invidioso reagisce tentando di disprezzare o di sminuire l'invidiato, perché ai suoi occhi questo è colpevole di evidenziare ciò che l'invidioso non ha. In un certo senso, è come se si sentisse sminuito dall'esistenza dell'invidiato e, in qualche modo, danneggiato da questo.
L'invidia può provocare uno stato di profonda prostrazione: in taluni casi, l'invidioso può assumere comportamenti molto aggressivi e il tentativo di sminuire l'invidiato può raggiungere toni esasperati, arrivando anche al pubblico disprezzo e alla pubblica derisione, come a dire: "io sto male per colpa tua, perché tu metti in luce la mia inferiorità; allora devo assolutamente evidenziare le tue mancanze, i tuoi difetti, facendoti sentire ridicolo: farò in modo che anche tu soffra". Se, tuttavia, il progetto dell'invidioso fallisce, egli si sentirà sempre più debole e ridicolo.
Può essere interessante tentare di caratterizzare l'invidia rispetto al sesso: l'invidia è più maschile o femminile? Non ci sono elementi evidenti per poter affermare che gli uomini siano più invidiosi delle donne o viceversa. Certamente l'invidia è, nella maggior parte dei casi, rivolta verso lo stesso sesso: gli uomini invidiosi lo sono, in genere, di uomini e le donne di donne. E quali sono gli oggetti più comuni dell'invidia? Tra uomini l'invidia verte su aspetti economici, politici, patrimoniali, professionali, culturali, intellettivi, sessuali e, in generale, su tutto ciò che rende un uomo "più potente di un altro". Dal lato femminile, l'invidia, che per i secoli addietro verteva quasi esclusivamente sull'avvenenza e sulla capacità di seduzione, da qualche decennio a questa parte, con il cambiamento del ruolo che la donna riveste nella società, ha cominciato ad "accostarsi", per molti aspetti, a quella degli uomini.
L'invidia viene talvolta confusa con l'avidità, ovvero il desiderio di possedere beni materiali (a prescindere che questi appartengano o meno ad altri). Soprattutto in campo sentimentale, l'invidia spesso viene anche descritta come gelosia, sebbene quest'ultima sia generalmente intesa come ostilità nei confronti di chi potrebbe sottrarre al geloso qualcosa che questi già possiede.
Nella cultura popolare anglosassone e anche (forse indirettamente) italiana, l'invidia è associata al colore verde ("essere verdi di invidia"). Secondo alcuni è riferito al colore della bile, alla quale spesso è associata. Secondo altri deriva dal fatto che, essendo l'invidia contrapposta alla virtù della speranza in quanto desiderio del male altrui, abbia il suo stesso colore.
Nella religione cattolica, l'invidia è uno dei sette vizi capitali. L'iconografia tradizionale la presenta nell'immagine di una donna vecchia, misera, zoppa e gobba, intenta a strapparsi dei serpenti dai capelli per gettarli contro gli altri.
Nel Purgatorio, Dante pone gli invidiosi sulla sesta cornice. Qui, i peccatori sono seduti, gli occhi cuciti con del fil di ferro per punirli di aver gioito nel vedere le disgrazie altrui.
La filosofia buddhista la considera uno dei fattori mentali (cetasika) che possono associarsi allo stato mentale (citta) dell'odio.

Fonte: Wikipedia

"Da noi si dice che l'Invidia è una brutta bestia. Come per affermare che quando ti prende difficilmente ti molla. Spesso vengono giudicate malamente le persone che la vivono, da coloro che ipocritamente dicono di non essere mai stati invidiosi. Ne conosco poche di persone che hanno la forza di gioire indiscriminatamente delle felicità altrui. Poche che riescono a vivere questo sentimento, contemplandolo e destrutturandolo, senza perdersi nei suoi fumi. Ritengo che non sia tanto il sentimento che debba essere giudicato, quanto quelle che sono le sue manifestazioni. Tramare perché l'ividiato perda ciò che ha, avere atteggiamenti ostili verso questo oppure semplicemnte disprezzare e sminuire ciò che possiede. Infondo difronte all'invidia non ci siamo che noi, si con le nostre debolezze, si con i nostri desideri e aspettative disilluse, ma soprattutto noi con l'icapacità di capire il proprio progetto di vita".

Note: (Francesco Tavanti)

 

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