La dissolvenza dell'immagine secondo Richter



di Mauro Falsini

Si svolge a Firenze la prossima esibizione italiana curata da Franziska Nori di Gerhard Richter, che vede l’artista tedesco assieme ad altri autori contemporanei di caratura internazionale. Non si tratta di confronto tra maestro e allievo - benché le idee di Richter abbiano influenzato profondamente il lavoro di artisti più giovani - ma di un dialogo itinerante nella ricerca dell’essenza dell’immagine come diffusore di verità assolute. Quelle verità sulle quali Richter nutre sfiducia e subisce disorientamento, alla ricerca di un consenso razionale che l’impostazione rigorosa e tradizionalista della cultura occidentale spesso ha faticato a riconoscere. "Quando dipingo un quadro (...) non so che aspetto avrà, né dove voglio arrivare, cosa posso fare, a quale fine.
Perciò dipingere è uno sforzo disperato, alla cieca, come se qualcuno fosse gettato in un ambiente completamente alieno senza alcun mezzo di sostentamento - come se quel qualcuno avesse a disposizione un insieme di strumenti, di materiali e di capacità e fosse assalito dal desiderio di costruire qualcosa di significativo e utile, qualcosa che non è una casa o una sedia, qualcosa che non può essere nominato. Ed ecco allora che comincia a costruire nella vaga speranza di fare la cosa giusta. L'esperienza e l'attività forse condurranno a qualcosa di giusto e significativo".
E poco contano i suoi timori sulla reale influenza emotiva che i lavori riescono, nella loro maestosità, a trasmettere allo spirito umano. E questo gli riesce talmente bene da potersi permettere l’uso di linguaggi diversi ma complementari nella ricerca forsennata di decostruzione e reinterpretazione dell’immagine. Secondo il Project Director del CCCS, ideatrice della mostra, “il lavoro dell’artista è segnato dallo sforzo costante di sottrarre una leggibilità univoca alle immagini, che vengono non solo estrapolate ma anche isolate dal loro contesto originario, come le fotografie private tratte da album personali o le immagini dei media da riviste e giornali. L’uso di banali modelli fotografici offre a Richter quella libertà d’azione di cui ha bisogno per potersi svincolare da ordini formali, da vincoli iconografici o da precisi connotati simbolici. Nasce così una ‘immagine dell’immagine’, un’opera che esiste secondo leggi proprie, con caratteristiche, condizioni e significati diversi da quelli di partenza”.
E l’interpretazione dell’immagine, come filo conduttore della sua essenza artistica, gli ha consentito di trasformare nell’assoluta semplicità la realtà in una forma astratta, rendendo perfettamente intercambiabili i Landschaft con il gruppo dei 48 Portraits, traghettando la sua aspirazione intellettuale in una reale coesistenza di forme e significati. E la sua è una sfida persistente verso la rielaborazione del messaggio della vita contemporanea, dei passaggi storici della società civile, dei costumi e delle tendenze, anche politiche, dalle quali ha saputo sperimentare nuove narrazioni, senza sacrificarne il suo mezzo di mediazione, sia questo pittura o fotografia.

Il Centro di Cultura Contemporanea Strozzina di Firenze (20 febbraio - 25 aprile 2010) propone un dialogo tra la poetica di Richter e quella di sette artisti contemporanei che nel loro percorso si sono concentrati sul tema della destrutturazione della forma e sul problema della definizione concettuale dell’immagine attraverso l’utilizzo di news media: gli inglesi Antony Gormley e Roger Hiorns, gli statunitensi Marc Breslin e Scott Short, il cinese Xie Nanxing, l’italiano Lorenzo Banci e il tedesco Wolfgang Tillmans.

 

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