L'abbandono



di Francesco Tavanti

All’inizio era solo dolore, senza provenienza e senza meta, ma con un punto intermedio certo, il suo corpo e la sua mente.
Poi alzò il naso, e come un cane da tartufo in mezzo alla fitta macchia, segui l’odore che l’avrebbe portato al prezioso frutto. Ad un certo punto iniziò a scavare, e la terra mossa come tanti episodi del passato si accumulò dietro di lui.

Mano a mano che l’odore si faceva più forte, anche le unghie sembravano non sopportare più la strada aperta. Ormai ce l’aveva attaccato al naso, era la sorgente di quel profumo che l’aveva sempre tenuto legato, che l’aveva stordito e disorientato. Lo prese in bocca, ed in una successione ininterrotta comincio a morire, non faceva paura, ma male tanto male. Non l’avrebbe mollato per nessuna cosa al mondo, era il suo dolore la prova più grande che la vita lo stava chiamando ad affrontare. Era l’abbandono del suo amore, che riviveva ogni qual volta la rincontrava in altre donne. Era la paura di perderle, e perdere di nuovo se stesso. La paura, di ricominciare a cercare nel mondo quelle poche... che gli avrebbero permesso di liberarsi dall’odore inebriante, e consentito di uscire definitivamente dal bosco.

 

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