Ragnatela



di Anonima

Tenui filo magnum texitur opus “un capolavoro nasce da un filo raffinato”

Il lavoro a maglia è una delle arti più antiche dell’uomo.
Secondo Democrito (V secolo a.c.) noi siamo stati discepoli delle bestie nelle arti più importanti: dal ragno nel tessere e rammendare.
Il lavoro a maglia è una tradizione che si tramanda ancora di generazione in generazione, soprattutto attraverso quei membri della famiglia che sono sensibili al gusto e al mantenimento della tradizione e che ne fanno parte integrante della loro storia di vita. Oggi è considerato un hobby, un’attività di tempo libero, in passato invece era considerata una competenza irrinunciabile e molto importante che le giovani donne dovevano acquisire dalle loro madri o nonne.
Io sono una di quelle donne fortunate che hanno appreso l’arte del lavoro a maglia come tradizione di famiglia. La mia cara nonna materna, Caterina, era una donna semplice e di origini umili. Era rimasta orfana di entrambi i genitori giovanissima, figlia maggiore di altri tre fratelli e sorelle, che furono poi allevati da una zia. Sapeva cos’era il lavoro duro e la sofferenza, questa durezza che la vita le aveva riservato la proponeva in tutte le attività che svolgeva nella vita. Quando lavorava la maglia però, lei era diversa, era concentrata amorevolmente nel tessere il suo capolavoro unico sempre nella sua forma. Tutte le sere si accingeva a lavorare a maglia e in modo caparbio faceva, e rifaceva il suo capolavoro cercando di migliorane sempre la forma. Così appena mi sentii in grado di sopportare quella posizione scomoda sulla sedia con il capo sempre riverso verso il basso che ti fa irrigidire tutto il collo e lo sternocleidomastoideo, le braccia ad angolo rettangolo che ti allenano i bicipiti, chiesi a mia nonna di insegnarmi l’arte. Avevo 13 anni. Con la pazienza del biblico Giobbe, giorno dopo giorno nonna Caterina ha allevato in me questa passione, mi ha supervisionata in ogni mio lavoro e infine si lavorava assieme.

Quello che più mi affascina di quest’arte è l’analogia con il lavoro psicoanalitico che ha accompagnato la mia vita. Parti da un dubbio, non sai bene che cosa vuoi creare e/o modificare. Cominci dalla scelta del filato e dal colore (ti scegli anche l’analista), poi devi pensare ad un modello che sai già in partenza che non sarà quello finale, spesso è antitetico alla tua idea iniziale. Bisogna comunque partire da un’idea altrimenti non sai quanti punti creare e come iniziare a lavorarli. Devi decidere che tipo di lavorazione fare è cominci a creare dei campioni con punti diversi e misure diverse di ferro. Ogni particolare deve essere considerato. Alla fine quando le tue idee creative si sono dipanate, parti con il lavoro vero e proprio, prosegui con determinazione cercando nella ripetizione dei punti la perfezione. Lo sai benissimo che non sarà mai possibile emulare la perfezione del lavoro a macchina, ma è così, il lavoro fatto a mano o ti piace o non ti piace.

Il lavoro psicologico analitico è un po’ così, ferro dopo ferro, punto dopo punto, inizi a dare forma alla spinta originaria che ti ha fatto cominciare un così lungo percorso. Se sbagli un solo punto, a qualsiasi livello del lavoro sei arrivato, devi disfare e tornare indietro per aggiustare, non è possibile lasciare un buco, in mezzo a tanto lavoro è impossibile non vederlo e in effetti stona con tutta l’armonia del capolavoro. Forse è più giusto considerare che il lavoro psicoanalitico ti fa disfare tutto quello che hai costruito fino a che non ti è giunto il dubbio, il dubbio che il modello pre-scelto non era quello che sentivi dentro e che poteva vestire la tua anima. Con il filo che recuperi ricominci a lavorare a maglia sviluppando le attitudini del tuo spirito e cercando sempre di interpretare nel giusto modo le proprie verità ed autenticità. Quando hai lavorato tutti i pezzi del tuo capolavoro è fondamentale che tu sia in grado di confezionarli in modo armonico. Confezionare una maglia e un vestito è importante quanto farlo, è dall’unione dei pezzi che puoi raggiungere la totalità e l’integrazione. Quando vestirai la totalità del tuo capolavoro sarà bellissimo perché comunque potrai dire L’ho fatto io!

 

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