L'etica e l'imperativo categorico di Kant



da Wikipedia

Il rischio di una morale utilitaristica come quella cui più tardi pervenne l'inglese Bentham, portò il filosofo a cercare il fondamento della morale in un comando non condizionale.
Dimostrato che la ragione che pretende di parlare dell'incondizionato cade in contraddizione, una fondazione razionale e non contraddittoria della morale doveva escludere un imperativo non condizionale. Kant arriva a concludere che la morale non è fondabile razionalmente ma che è un imperativo categorico che la volontà deve darsi liberamente.

Il fondamento dell'etica è lo stesso che fonda la ragione, quel principio di non-contraddizione scoperto da Aristotele, che, prima che una legge logica, è una legge morale dell'Io. Una vita conforme alla ragione equivale ad un obbligo di coerenza che vale sia nel pensiero che nell'essere. L'Io è libero di negare questo principio, ma si limita a vivere nel mondo dell'opinione (non razionale) e della stoltezza (non etico).
Non si tratta soltanto di una libera scelta, variabile da io a io, la morale kantiana rientra nell'ambito filosofico e necessario; il rispetto dell'etica deducibile come una necessità dell'essere in altre costruzioni filosofiche, è qui impedito con l'esclusione di comandi condizionali e non.

Kant parte dalla volontà di dimostrare che l'io è legato al rispetto della morale, che considera un giudizio sintetico a priori che la ragione, dunque, conosce e può dimostrare. Lo vuole dimostrare perché è convinto che l'io è legato al rispetto della morale, quanto lo è del paradosso della sofferenza del giusto.

Non stupisce che postuli l'esistenza di un imperativo categorico o voce della coscienza, simile al demone socratico, che universalmente in ogni individuo spinge al rispetto di regole etiche universali che si traducono in azioni differenti fra i vari contesti. Così il giudizio etico come il giudizio estetico varia nel tempo e a seconda della situazione, ma è sempre riconducibile in ogni individuo all'applicazione di regole universali che fanno agire per il giusto e contemplare per il bello, senza variare da individuo a individuo: le regole etiche ed estetiche sono le stesse in ogni individuo ed egualmente la loro applicazione: qualunque individuo purché razionale, nella stessa situazione, avrebbe fatto la stessa cosa e considerato bella una certa opera.
La ragione diventa l'ambito dell'universalità di tutti i giudizi, etici ed estetici, del loro tradursi in atti pratici. Il metro di valutazione del giusto può variare al massimo da una generazione di umani ad un'altra, ma le regole alla base rimangono comuni, perché trascendentali ad ogni spazio ed ad ogni tempo. Come si vede, le scelte etiche e la fruizione del bello sono ricondotti a principi collettivi: Kant non ha mai parlato dell'io singolare (sé stesso o gli altri); quando parlava dell'io, si riferiva sempre all'io trascendentale.

Un'etica con principi indipendenti dallo spazio e dal tempo è posta in essere dall'io, pur venendo prima (ossia a priori) dell'io, e la si può pensare innata. L'applicazione dei principi dipende invece dallo spazio e dal tempo, dal contesto in cui l'Io si trova ad agire; tuttavia, spazio e tempo sono anch'essi realtà trascendentali, rispetto agli individui: l'etica dipende dallo spazio-tempo solamente in un contesto universale, comune a tutti (intersoggettivamente); nei sogni, che sono uno spazio-tempo soggettivo, diverso fra individui, ognuno è libero dall'etica entro certi limiti. Se l'individuo non domina su questa etica, poiché L'Io soggiace a principi universali, nemmeno ne è dominato, dato che l'io è il protagonista del Regno dei Fini dove ogni persona è il fine delle azioni degli altri.

Scontrandosi con l'affermazione della libertà dell'uomo, l'etica kantiana non ha trovato esseri che agiscono necessariamente per il giusto; ha creato un ambito, quello della ragione, in cui l'io entrato liberamente ha accettato di "farsi costringere" dalla ragione al rispetto di certe regole, pena la perdita del godimento del bello che è negato ai bruti e di una consolante universalità dell'agire umano.

 

0 commenti: