Il "Bosco" l'ultimo rifugio dell'anima.

di Francesco Tavanti

Entrare dentro un bosco è come chiudere gli occhi. Si affievolisce la luce esterna e si accendono quelle interne. Se poi si va a bruciare, in un falò gli arbusti, che ne costituiscono la macchia bassa, questo assume un significato ancora più profondo. In senso antiorario, in un viaggio nel tempo, prima si taglia e poi si brucia. Il fuoco deve essere alimentato costantemente, con fare particolare attenzione a che non si espanda. E' il movimento circolare che riporta alla mente le cose irrisolte. Non importa passeranno, come sono passate altre volte. Dopo qualche ora di duro lavoro, cercando un ordine superiore, mi accorgo che posso vedere cose di cui prima non mi ero accorto. E' un ritorno all'infanzia, quando "questo" bosco era ordinato, quando le piante più vecchie lo sorreggevano come delle colonne sorreggono un tempio. Le altre (piante) erano dritte, con intorno lo spazio necessario all'espansione della propria chioma. Era solo questione di tempo fino a quando o l'una o l'altra secondo la legge imperscrutabile della natura, avrebbe prevaricato e affiancato quelle arcaiche. Ad un certo punto penetra la luce del sole, mai mi ero accorto di tanta bellezza. Nel pomeriggio piove, spenge le braci e la poca luce mi porta ad un'ulteriore livello inferiore. Ma! Ormai niente può togliermi cio che ho ritrovato.

 

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